Relatori
Nadia Fina e Fulvio Tagliagambe
Sabato, 30 novembre 2024 , dalle 10.00 alle 12.30
Aula Magna Ospedale Civico, 6900 Lugano
Dolore non pensabile e violenza
“I giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che caratterizzano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui”. Così denuncia Galimberti nel suo libro “l’Ospite Inquietante”. Scritto nel 2007 e più che mai attuale, il libro si occupa della sofferenza adolescenziale nel tempo contemporaneo della tecnica. L’ospite inquietante è il nulla che li pervade rendendo il presente l’Assoluto da vivere, in ogni forma possibile, con assoluta intensità. Una intensità che è però priva di gioia e invece capace di annullare l’angoscia. Non sono in grado, i nostri adolescenti, di descrivere i sentimenti che caratterizzano il loro malessere perché l’analfabetismo emotivo non consente loro di identificarli e nominarli. Galimberti nomina questo ospite inatteso che alberga nel mondo interno dei giovani e lo chiama nichilismo. Ovvero mancanza di un fine, di possibili risposte ai perché. I valori perdono ogni valore. Quindi il futuro e il presente perdono valore. Questa sofferenza non è la causa, ma la conseguenza di un’implosione culturale di cui i giovani, sono le prime vittime. La deriva tecnologica, inoltre, modifica in modo radicale il modo di pensare, trasformando la rappresentazione stessa del pensiero che da analogico, sequenziale, strutturato diviene vago, globale, “chiuso” nella simultaneità dell’istante. Un dramma che ha una valenza traumatica pervasiva e incontrollabile. Sconvolge i legami denegati per l’importanza che essi hanno nel processo evolutivo degli affetti, della crescita emotiva e cognitiva, della maturazione psichica. Un dramma che è un trauma sociale che amplifica i traumi cumulativi o conclamati che i giovani possono subire nel loro ambiente di riferimento. La dissociazione che silenzia il dolore non consente di riconoscere il limite necessario che ci definisce umani e il dolore dissociato e silenziato assume spesso forme agite di violenza auto od eterodiretta.
La relazione cercherà di affrontare questa complessa tematica, attraverso la presentazione di brevi vignette cliniche accompagnate da ulteriori spunti riflessivi.
L’Io inconsapevole
I modelli culturali dominanti costituiscono un setting che colloca l’individuo in un ambito caratterizzato e specifico di quella data epoca in quel determinato periodo storico.
Il contesto politico e sociale, gli indirizzi della tecnologia, i prodotti culturali e i valori di ogni epoca costituiscono quindi la matrice che sottende il pensiero dell’individuo, la materia prima con cui si organizza e si dispone alle modalità di essere e al copione sociale in cui potersi riconoscere e appartenere al proprio tempo.
L’ accelerazione dello sviluppo e degli oggetti tecnologici della nostra epoca marca la dittatura di un presente sconnesso dal passato e dal futuro e ingaggia l’io in un continuo aggiornamento di gesti e procedure sempre più accelerati, in una contrazione del senso del tempo, chiuso nella velocità della dinamica e delle sequenze stimolo-risposta. In questo modo anche il pensiero diventa azione, privato della sua naturale dimensione di latenza, di spazio e tempo di riflessione che antecede l’azione.
L’ipertrofia dell’Io e l’ipotrofia del Sé e dell’area del preconscio sono alla base dello sviluppo delle patologie del narcisismo, della dipendenza e del proliferare dei sintomi a base ansiosa che caratterizzano la nostra epoca.
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