{"id":4156,"date":"2021-03-14T17:27:07","date_gmt":"2021-03-14T16:27:07","guid":{"rendered":"https:\/\/www.apgpsicoterapia.it\/?p=4156"},"modified":"2021-12-20T10:59:39","modified_gmt":"2021-12-20T09:59:39","slug":"la-mente-analitica-nel-setting-dei-gruppi-non-terapeutici","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.apgpsicoterapia.it\/2021\/03\/la-mente-analitica-nel-setting-dei-gruppi-non-terapeutici\/","title":{"rendered":"La mente analitica nel setting dei gruppi non terapeutici"},"content":{"rendered":"
A cura di Martina Guerrini e Nicoletta Jacobone<\/em>[2]<\/strong><\/a> Gli incontri di intervisione sui gruppi clinici non terapeutici sono nati da una domanda dei giovani diplomati Coirag di Milano raccolta dal precedente direttivo nel 2014. Quegli ex allievi affermavano di \u201cnon sentire\u201d un\u2019appartenenza alle consociate attive nella propria sede e il Direttivo di allora ha provato a rispondere a quel bisogno, interrogandosi su quali contenitori sarebbero stati adatti alle loro esigenze professionali.<\/p>\n \u00c8 esperienza diffusa che allievi ed ex allievi siano sempre giovani professionisti che si affacciano al mondo del lavoro, ingegnandosi in ogni modo per sbarcare i costi di una continua formazione e poter contemporaneamente intraprendere la necessaria via dell\u2019autonomia. Coirag \u00e8 davvero il Gruppo dei gruppi e durante gli anni di scuola gli allievi hanno a che fare con una variet\u00e0 di docenti e con la molteplicit\u00e0 delle OC. A Milano, ad esempio, due (APG e Ariele), con tanti insegnanti diversi durante i quattro gli anni, per cui \u00e8 difficile scegliere l\u2019appartenenza a una consociata o all\u2019altra perch\u00e9 la loro definizione \u00e8 sfumata. \u00c8 verosimile che ci possa essere conflitto o ambivalenza tra identificazioni affettive coi docenti e tentativi di capire come funzionino le OC e in quale sarebbe opportuno collocarsi. O, ancora, ci si pu\u00f2 chiedere se non sia meglio fare da s\u00e9 e cercare di salvarsi da soli, come oltretutto sta suggerendo una certa parte della (in)cultura narcisistica attuale.<\/p>\n Quegli ex allievi sottolineavano che anche all\u2019interno di APG erano carenti i momenti di condivisione e supporto (tra pari e con colleghi senior) che potessero rispondere alle lacune formative evidenti nei vari contesti lavorativi, non di rado ibridi. Emergeva infatti che al conseguimento del diploma, i neo terapeuti si scontravano con una discrepanza tra la fine della scuola e l\u2019accesso al lavoro come psicoterapeuti.<\/p>\n La nostra associazione ha cos\u00ec iniziato a chiedersi come sviluppare strumenti idonei al lavoro analitico in setting non strettamente terapeutici e sono stati invitati a partecipare ad una serie di incontri alcuni ex allievi Coirag rimasti in relazione con membri di APG (per terapia, supervisioni, osservazioni di gruppi, tirocini). Da qui l\u2019avvio del gruppo di intervisione (GI), che ha visto il coinvolgimento di varie generazioni, in un processo di scambio di competenze ed esperienze divenuto molto arricchente in ambiti e su problematiche ancora poco esplorati, data una letteratura specifica a nostro sapere tuttora carente.<\/p>\n Il gruppo di intervisione, che \u00e8 aperto e quindi si \u00e8 modificato nel tempo, ha preso avvio con l\u2019obiettivo di istituire momenti di riflessione e confronto, occasioni rare nei contesti lavorativi (di cui gli operatori e soprattutto i neodiplomati sentono la necessit\u00e0), e ha assunto progressivamente le seguenti caratteristiche di setting:<\/p>\n Quanto detto fin qui \u00e8 gi\u00e0 il frutto del lavoro di confronto e dell\u2019impegno a leggere le proprie dinamiche, anche in differita, per la garanzia offerta dalla stesura dei verbali. Un\u2019 \u201cautoanalisi\u201d che ha caratterizzato i passaggi evolutivi, sperimentando \u201cdall\u2019interno\u201d il senso di rafforzamento del S\u00e9 individuale-professionale attraverso la funzione di rispecchiamento nel gruppo stesso. Questa rilettura analitica ha circolarmente rafforzato il senso di appartenenza.<\/p>\n Il gruppo di intervisione nel tempo si \u00e8 occupato della progettazione di diversi gruppi in vari contesti, ad esempio quello di padri separati attraverso la collaborazione con uno studio legale, quello di pazienti ospedalieri con una diagnosi genetica oncologica, e ancora di accompagnamento alla maternit\u00e0 e successivamente al post partum in un centro polispecialistico.<\/p>\n In una prima fase il gruppo si \u00e8 soffermato a lungo a riflettere sul senso di fatica vissuta dai partecipanti nel rilevare la scarsa considerazione della dimensione psicologica nei contesti in cui prestavano la propria attivit\u00e0. Infatti il lavoro in istituzioni non strettamente psicologiche, in cui alcuni bisogni non sono neppure pensabili, e quello con i gruppi non terapeutici, deludono l\u2019aspettativa dei neodiplomati, facendoli sentire scoperti ed impreparati nonostante la formazione ricevuta fosse indirizzata a poter svolgere un lavoro clinico in equipe per rispondere alla domanda di cura formulata dai pazienti.<\/p>\n La Coirag prepara meglio di altre scuole ad un pensiero analitico sul contesto e, forse proprio per questo, quando il neodiplomato incontra il lavoro reale nell\u2019istituzione, a maggior ragione subisce un impatto frustrante, proprio perch\u00e9 non trova la possibilit\u00e0 di applicare quello per cui si sente formato.<\/p>\n Nella prima esperienza professionale post specializzazione, infatti, sovente si inizia a lavorare in ambiti istituzionali come terapeuti anche se non addetti precipuamente alla psicoterapia. Contesti e realt\u00e0 cliniche nuove, che meritano la nostra attenzione per promuovere un cambiamento \u201cculturale\u201d che comprenda anche lo sguardo psicologico. Potremmo sottolineare sguardo psicologico in particolare di gruppo, in sinergia con il bisogno dell\u2019istituzione per motivi di vantaggio economico<\/em>.<\/p>\n I giovani psicoterapeuti vi giungono carichi di aspettative, di idealizzazione del proprio futuro lavoro e di desiderio di sperimentarsi. Non solo, essi sono anche alla ricerca di una conferma dell\u2019investimento sulla formazione degli ultimi anni. Elementi, questi, che rischiano di scontrarsi duramente con i criteri di concretezza e di rapidit\u00e0 che caratterizzano le attuali istituzioni che operano nel sociale.<\/p>\n In alcuni casi \u00e8 emersa la necessit\u00e0 di accrescere una riflessione e una maturazione personale attraverso lo strumento del gruppo anche non psicoterapeutico. Ma per lo pi\u00f9 nelle esperienze presentate nel GI emergeva una domanda esplicita dell\u2019istituzione, che spesso chiedeva interventi immediati, con l\u2019aspettativa di risultati in tempi brevi. Uno degli obiettivi, in quei casi, \u00e8 stato quello di tradurre<\/em>, attraverso una mente analitica gruppale all\u2019opera, questa domanda in un\u2019altra pi\u00f9 profonda e pi\u00f9 autentica, affinch\u00e9 l\u2019istituzione potesse gradualmente riconoscere i propri bisogni di cura e non solo esibire sulla carta un\u2019erogazione di servizi apparente. \u00c8 anche l\u2019istituzione ad aver bisogno di pensiero e di \u201ccura\u201d per potersi fare carico dei suoi utenti, offrendo un servizio pi\u00f9 articolato perch\u00e9 arricchito della sensibilit\u00e0 psicologica.<\/p>\n Gli aspetti delineati contribuiscono a spiegare la contraddittoriet\u00e0 e l\u2019ambivalenza di molti, che nei primi tempi del GI si era anche espressa con la progressiva riduzione numerica dei partecipanti mano a mano che emergeva il divario tra ideale e reale, tra l\u2019aspettativa e la realt\u00e0. Uno scontro, questo – e ci sembra che possa riguardare la stragrande maggioranza- che nei neodiplomati d\u00e0 origine a vissuti di autosvalutazione quando si trovano ad affrontare il passaggio tra la conclusione della scuola di specializzazione e le prime opportunit\u00e0 professionali.<\/p>\n Spesso proprio i contesti lavorativi in cui ci si inizia a sperimentare generano vissuti frustranti: all\u2019interno di un ambito in cui non c\u2019\u00e8 un riconoscimento del ruolo dello psicologo il giovane psicoterapeuta ancora difficilmente trova la possibilit\u00e0 di autolegittimarsi ed autorizzarsi nel proprio operato. La partecipazione al GI in un certo senso \u201cobbligava\u201d, invece, a confrontarsi con queste aree del S\u00e9 professionale, confronto complesso ma che permetteva lo sviluppo di una mente analitica individuale in relazione al contesto, anche se non conduceva ad una \u201crisoluzione immediata\u201d del problema.<\/p>\n Questo aspetto ci \u00e8 sembrato rappresentare uno dei motivi per cui inizialmente questo gruppo non era un \u201coggetto attraente\u201d su cui investire, e da qui, forse, alcune delle defezioni citate. Ma anche eventi pi\u00f9 creativi della vita come progetti di vita in autonomia e il divenire genitori, hanno contribuito a determinare la riduzione dei partecipanti, dalla trentina che avevano accolto con piacere e curiosit\u00e0 la proposta dell\u2019associazione, alla decina circa al momento dell\u2019avvio reale del gruppo. Giusto un \u201cpiccolo gruppo\u201d!<\/p>\n Il ristretto numero dei componenti ha, infatti, vantaggiosamente attivato tra i membri un coinvolgimento tra pari, dando il via ad un movimento di arruolamento di nuovi<\/em> non solo di tipo verticale (dall\u2019associazione che aveva accolto e proposto) ma anche per cooptazione orizzontale, in una dimensione sempre pi\u00f9 disponibile all\u2019affettivit\u00e0. La presenza dei legami affettivi tra i componenti si \u00e9 rivelato anche nel nostro caso un fattore rilevante per la tenuta del gruppo stesso, la costituzione della matrice si \u00e8 cos\u00ec fondata, come ci ha insegnato Foulkes.<\/p>\n Il GI \u00e8 divenuto momento di sostegno reciproco fra i partecipanti, di condivisione di esperienze simili, di scambio di competenze. Tutto ci\u00f2 ha favorito un rinforzo dei professionisti all\u2019opera, accendendo il desiderio di supportarsi a vicenda nel proprio lavoro e la curiosit\u00e0 per l\u2019andamento dei progetti condivisi.<\/p>\n A partire dalla \u201cfatica\u201d vissuta dal gruppo nelle prime sue prime fasi per le uscite di alcuni partecipanti e per le difficolt\u00e0 riscontrate nell\u2019avvio dei progetti presentati nei vari contesti, abbiamo avviato momenti di osservazione e lettura del processo gruppale, dedicando intere mattinate a ripensare e discutere su obiettivi e criticit\u00e0 del gruppo di lavoro.<\/p>\n Tali momenti, generati in primis da un \u2018bisogno\u2019, da una \u2018sofferenza\u2019, sono divenuti elementi arricchenti e distintivi del GI. Il gruppo, rispondendo al vissuto depressivo e di impotenza del singolo partecipante che condivideva le difficolt\u00e0 nell\u2019avvio del proprio progetto, ha funzionato da rinforzo all\u2019analisi del problema di ciascun contesto, sostenendo i singoli nel mettere in campo risorse per modificarlo, rilanciarlo o accettare che non si avviasse. Si confermava ci\u00f2 che si era studiato, ovvero che il gruppo costituisce un rafforzamento del S\u00e9 individuale, e professionale in questo caso, permettendo di non sentirsi soli in istituzioni che travolgono e di poter meglio reggere le difficolt\u00e0 dei contesti.<\/p>\n Motivazioni fondamentali che incentivano a ritornare ogni volta e a partecipare al GI sono, quindi, l\u2019esperienza emotiva del processo gruppale e la consapevolezza di potersi avvalere di un dispositivo \u201cdi reciproco sostegno\u201d che amplifica la riflessione psicologica.<\/p>\n L\u2019utilizzo della mente analitica produce una critica generativa portando il pensiero a sostegno di ogni scelta operativa, e fa emergere quella dimensione psicologica inesistente in molti contesti ibridi e tanto svalutata al di fuori degli studi professionali.<\/p>\n Nel GI, infatti, si \u00e8 presentata la possibilit\u00e0 di riconoscere il senso di svalutazione da parte del contesto che funziona come un\u2019identificazione proiettiva; poterlo riconoscere attraverso il rispecchiamento reciproco e il rafforzamento del senso di s\u00e9, ha permesso di innescare un processo di autolegittimazione a lavorare anche in contesti \u201caltri\u201d, quei nuovi ambiti non strettamente terapeutici, valorizzando l\u2019apporto della mente analitica dello psicoterapeuta e discostandolo dal subire la catalogazione in \u201cserie B<\/em>\u201d.<\/p>\n Un passaggio importante \u00e8 stato distinguere emotivamente, cio\u00e8 prendere consapevolezza, delle differenze non solo nel setting, ma nella mente del terapeuta, tra psicoterapia in studio e psicoterapia in istituzione e, soprattutto, tra psicoterapia e cura, dove la cura \u00e8 intesa come aver cura<\/em> del contesto, ovvero che il contesto debba assorbire una mentalit\u00e0 analitica per aver cura dei suoi utenti.<\/p>\n Il gruppo di intervisione \u00e8 divenuto sempre pi\u00f9 nel tempo lo spazio per pensare, il luogo che garantisce il sentimento di appartenere ad un\u2019associazione storica con una cultura analitica a cui costantemente potersi riferire, anche in ambiti nuovi e diversi.<\/p>\n Il passaggio generazionale dell\u2019associazione APG al momento della costituzione del GI coincideva con il passaggio generazionale individuale e profondo di ciascun componente, ottima occasione per autolegittimarsi la possibilit\u00e0 di discostarsi – in ottica evolutiva- dalle figure genitoriali, pur mantenendo il riferimento al modello psicoanalitico storico.<\/p>\n Nell\u2019intervisione, infatti, il confronto avviene fra pari in un clima di co-costruzione sia del lavoro sia della propria identit\u00e0 di ruolo. Il riconoscimento non viene pi\u00f9 dall\u2019alto (il supervisore, l\u2019esperto), ma dall\u2019altro<\/em>, dal nostro modo di confrontarci e quindi da una spinta pi\u00f9 interna al gruppo. \u00c8 stata una scelta necessaria e naturale, in quel momento, coerente con il bisogno di crescita ed emancipazione, in sintonia con i nuovi contesti da affrontare, con i nuovi utenti di cui aver cura e con la realt\u00e0 istituzionale interna di APG e la sua trasformazione dentro a Coirag.<\/p>\n Da tutti questi elementi si \u00e8 confermata l\u2019idea originaria di mantenere il setting dei due coordinatori, junior e senior, proprio in uno schema diverso da quello della supervisione.<\/p>\n In quest\u2019ultima ci si colloca in una posizione di maggiore delega al supervisore, che aiuta nella risoluzione delle difficolt\u00e0 sul singolo caso, e sostiene nel riconoscimento de proprio ruolo. Se nella supervisione il vissuto \u00e8 quello di maggior dipendenza, nell\u2019intervisione ci si sente parte di un processo di co-costruzione in divenire in cui ogni partecipante, afferendo ad una responsabilit\u00e0 interna, \u00e8 chiamato ad una relazione di scambio, a dare oltre che a ricevere.<\/p>\n Il coordinatore junior, spesso nell\u2019incontro successivo grazie al verbale, tiene la memoria del percorso e svolge una funzione di sintesi sottolineando le aree su cui il gruppo ha lavorato. Non \u00e8 quindi una supervisione del materiale ma un coordinamento della progettualit\u00e0, dove il pensiero del gruppo viene indirizzato alla realizzazione dei progetti.<\/p>\n Il coordinatore junior fa parte di una \u201cgenerazione di mezzo\u201d, non \u00e8 un neodiplomato, ma nemmeno un senior e questo costituisce per il gruppo la possibilit\u00e0 di identificarsi in quel passaggio generazionale che la nostra Associazione sta cercando di favorire. La sua funzione di raccordo fra i partecipanti aiuta a tessere i fili della matrice relazionale e affettiva all\u2019interno gruppo, facilitando anche il dialogo tra generazioni diverse e fra il gruppo e il coordinatore senior, ruolo -lo ricordiamo- non ricoperto sempre dalla stessa persona nel tempo. Una figura, quella junior, che stempera l\u2019eccessivo divario generazionale rendendo pi\u00f9 immediatamente transitabile il gioco identificatorio. Anche il senior, da parte sua, viene favorito in questo movimento perch\u00e9 indotto a entrare in una dinamica pi\u00f9 di marca fraterna. Questo \u00e8 successo ancor pi\u00f9 l\u2019ultima volta, nell\u2019occasione dell\u2019approfondimento dell\u2019autosservazione in vista di questa serata, che ha fatto prolungare (con entusiasmo) il periodo di partecipazione del senior.<\/p>\n Il gruppo cos\u00ec pensato ha favorito un processo dinamico di integrazione emotiva e cognitiva di esperienze e vissuti differenti, con una ricaduta positiva sul lavoro di progettazione e di risposta alle domande di aiuto nella propria attivit\u00e0.<\/p>\n La peculiarit\u00e0 di questo gruppo \u00e8 rappresentata dal poter pensare, confrontarsi e discutere su gruppi non solo gi\u00e0 avviati ma anche in fase di progettazione. Ci siamo autorizzati, infatti, a condividere progetti ancora in fase di strutturazione e non avviati perch\u00e9 potessero essere resi maggiormente realizzabili sulla base della riflessione condivisa e di un\u2019analisi attenta del contesto a cui \u00e8 destinato.<\/p>\n Il lavoro del GI non sempre ha permesso ai progetti presentati di venire realizzati, ma ha certamente consentito ai terapeuti di porsi le domande adatte al fine di migliorare la loro pensabilit\u00e0. Il punto di vista del gruppo, composto da terapeuti con diverse aree di competenza e diverse et\u00e0 professionali, ha attivato, attraverso una circolarit\u00e0 orizzontale, un pensiero critico e costruttivo verso i progetti proposti fornendo sia informazioni operative che teoriche sugli ambiti di intervento. Le esperienze pregresse di ciascuno sono state declinate alla luce del progetto messo in discussione, fornendo chiavi di lettura differenti non solo sull\u2019analisi della domanda ma anche sulla modalit\u00e0 di lavoro e sull\u2019analisi del contesto.<\/p>\n Anche la rinuncia alla conduzione di gruppi terapeutici non esclude la possibilit\u00e0 di svolgere comunque un lavoro analiticamente orientato all\u2019interno dei contesti istituzionali. Il gruppo di intervisione \u00e8 divenuto uno spazio di legittimazione e riconoscimento della propria competenza analitica, individuando, nei nuovi contesti ibridi e non esclusivamente terapeutici, l\u2019esistenza di nuove forme di lavoro.<\/p>\n Il mantenimento di una mente analitica apre alla riflessione sull\u2019esperienza e all\u2019analisi del contesto, al ragionamento in termini gruppali, in una sospensione dell\u2019azione, che permette al terapeuta di operare una trasformazione<\/em> dell\u2019ottica esclusiva, istituzionale, di concretezza ed economicit\u00e0 delle risorse presenti. Il gruppo di intervisione ha garantito e garantisce la possibilit\u00e0 di uno spazio di pensiero critico sui progetti contribuendo a individuare nuovi obiettivi non terapeutici in senso classico (ma comunque con valenza di cura) e, a sperare che nell\u2019istituzione si formi come in una sorta matrioska, una mentalit\u00e0 atta ad accogliere i progetti e a garantirne l\u2019avvio.<\/p>\n L\u2019attivazione di un processo gruppale e della sua circolarit\u00e0 ha fatto in modo che anche il coordinatore senior potesse desiderare di condividere la propria esperienza con gli altri membri del gruppo, non in un\u2019ottica di appiattimento delle differenze generazionali ma nella possibilit\u00e0 di attingere alla mente e alla cultura che il gruppo ha creato.<\/p>\n Un passaggio in cui, pur riconoscendo la necessit\u00e0 di cambiamenti e trasformazioni evolutive si conferma l\u2019importanza del continuo riferimento ad una cultura generatrice.<\/p>\n [1]<\/a> Questo lavoro \u00e8 stato presentato il 27 febbraio 2019 nell\u2019ambito del ciclo di incontri del calendario Scientifico 2019 di APG dal titolo \u201cIl Gruppo come luogo di pensiero e di trasformazione nell\u2019interfaccia con il sociale\u201d. A cura di Martina Guerrini e Nicoletta Jacobone[2] Membri del gruppo: Margherita Autuori[3], Stefania Baldo, Francesca Casali, Fanny Gallizzi, Chiara Maran\u00f2, Simona Verga 1. Premessa che ha guidato la creazione del gruppo Gli incontri di intervisione sui gruppi clinici non terapeutici sono nati da una domanda dei giovani diplomati Coirag di Milano raccolta dal precedente<\/p>\n
\nMembri del gruppo: Margherita Autuori[3]<\/strong><\/a>, Stefania Baldo, Francesca Casali, Fanny Gallizzi, Chiara Maran\u00f2, Simona Verga<\/em><\/p>\n1. Premessa che ha guidato la creazione del gruppo<\/h2>\n
2. Organizzazione, metodo ed oggetto del GI<\/h2>\n
\n
3. Cos\u2019\u00e8 la mente analitica? Processo gruppale e sua osservazione<\/h2>\n
4. Effetti del gruppo: considerazioni per nulla conclusive<\/h2>\n
\n[2]<\/a> Coordinatore senior.
\n[3]<\/a> Coordinatore junior.
\n[4]<\/a> Il coordinatore senior cambia annualmente per garantire la variet\u00e0 di approcci e modelli; \u00e8 un clinico con esperienza non esclusivamente psicoterapeutica, appartenente anche a contesti di tipo istituzionale, persona scelta e proposta dal gruppo stesso.
\n[5]<\/a> Fino ad oggi, dal 2015 il coordinatore junior \u00e8 rimasto costante per garantire la continuit\u00e0 dell\u2019esperienza e la costruzione di una storia del gruppo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"